Molti, sui social, hanno criticato Giuseppe Giordano, per la sua decisione di partecipare al talk show “Pomeriggio Cinque” a pochi giorni dalla morte dalla tragedia.
Sabato 3 novembre 2018 sarà ricordato purtroppo come il giorno della tragedia di Casteldaccia, il giorno in cui il fiume Milicia causa la morte di 9 persone, 8 delle quali appartenenti alla stessa famiglia.
È il giorno in Giuseppe Giordano e sua figlia Asia perdono quanto di più caro avevano, e improvvisamente la loro vita, fino a quel momento cosi meravigliosamente normale, diventa una tragedia.
Ma come avviene il processo di elaborazione del lutto, soprattutto in un caso cosi fuori dal comune?
Cerchiamo prima di capire quali sono in genere i diversi momenti che un soggetto vive quando si trova ad affrontare la perdita di un caro.
Tendenzialmente un essere umano si avvicina all’accettazione dell’idea di aver perso una persona per lui importante in circa 18/24 mesi dopo l’evento luttuoso.
Durante questo lasso di tempo si susseguono diverse fasi:
la prima è caratterizzata da disperazione acuta in cui si possono sperimentare differenti stati emotivi: dalla rabbia per il rifiuto della perdita ai sensi di colpa per qualcosa che antecedente al lutto sarebbe potuto succedere evitando cosi il sopraggiungere della morte. In genere in questa fase la percezione interna di ciò che accade nel mondo esterno, il cosiddetto “esame di realtà” ,viene distorto.
Anche ansia e senso di solitudine possono comparire in questo momento critico, portando il soggetto o a voler vivere in totale riservatezza o al contrario a voler condividere le proprie emozioni con qualcuno. È qui che la prima esigenza avvertita diventa la voglia di convogliare il dolore o verso il proprio essere (tramite il compianto, l’autocommiserazione e la totale chiusura al mondo esterno) o nei confronti di elementi esterni a sè (tramite la fede, uno psicologo, una persona molto cara, un gruppo di aiuto, un talk show ecc.).
E’ questo il meccanismo che sottende alla scelta, criticata da non pochi, di Giuseppe Giordano di partecipare a pochi giorni da questo tragico evento a “Pomeriggio Cinque”, noto talk show di Canale 5.
Giuseppe non accetta di andare in TV, come molti hanno inteso, per spirito di protagonismo o per la spettacolarizzazione del dramma, bensì per poter “urlare” al mondo intero la sua angoscia, potendo così simbolicamente condividere con esso il suo dolore.
Una successiva fase sarà caratterizzata da un forte desiderio di ricerca delle persone decedute e da un lieve miglioramento dell’esame di realtà, che può però portare a depressione.
Superato anche quest’altro periodo, si potrà assistere ad un netto miglioramento dell’esame di realtà, che porterà una nuova consapevolezza: “la morte fa parte della vita, è qualcosa di inevitabile e a tutti tocca prima o poi pagarne le conseguenze”.
È il momento in cui ci si avvia verso l’accettazione della perdita, caratterizzata dalla completa rielaborazione del lutto e la riorganizzazione della propria vita in funzione della nuova condizione.
A Giuseppe Giordano e sua figlia Asia non resta che vivere nella maniera più spontanea possibile tutte queste fasi, ponendo estrema fiducia nei propri mezzi, nell’aiuto che possono ricevere da chi li circonda e nel tempo che farà la sua parte.
L’unico aspetto che può insidiare quanto descritto è il rischio di non riuscire ad accettare l’idea che la morte sia un evento contro cui non ci si può opporre.
In quel caso, l’ineluttabilità nei confronti della perdita, diventa il limite di confine che separa coloro che continueranno a vivere un’esistenza disperata da chi invece riuscirà a ritornare alla vita.
Ognuno di noi ha perso una persona cara in modi diversi, ognuno di noi ha vissuto in parte i passaggi elencati dal dottore Scifo, per me la cosa fontamentale è considerare il lutto un evento della nostra vita che dev’essere esente da giudizi, visto che ognuno di noi cerca di curare questo dolore come meglio crede. Condividere il dolore senza giudicare è doveroso per chi deve affrontare il lutto. Grazie dottore per il suo link che è sicuramente di aiuto.
Nell’elaborazione del lutto forse “l’aiuto” più forte è dato dalla fede. Una fede adulta però quella fede che è incontro con qualcuno o qualcosa più grande di noi, fede che ti apre, ti avvicina al mistero del dolore della sofferenza e che dispone il cuore a una quoditianeta migliore. Un approccio più positivo alla vita. Un abbraccio.